Cristina Siciliano in "Io & Miryam" di Giovanni Gentile Compagnia Teatro Prisma |
Io e Miryam
ovvero
“Varius multiplex multiformis”
Tragi/brillante performance teatrale…? (a mio parere).
Recital…? (a detta dell’ autore).
Teatro espressionista…? (secondo un illustre addetto ai lavori, presente in sala).
Due suonatori e un’artista in uno spazio scenico essenziale; un facsimile di camerino sulla destra, una piccola tenda centrale. Luci e ombre… Dei candidi cuscini in prima fila e tante, ma non troppe, sedie a fare da corolla al palcoscenico. Questo lo scenario del “Teatro Osservatorio”, una chicca della Bari “transferrovia”, gli occhi puntati su “Io e Miryam”. Un IO al femminile dapprincipio egocentrico e un po’ capriccioso che comincia a cantare “Cabaret” alla maniera della Minnelli e ad un tratto stona, abbandonando la scena… Sconcerto dei musici che pretendono l’intervento del regista, pronto in prima fila (Pirandello docet?!). E “la macchina” riparte subito dopo, sul filo dei ricordi e della musica. Le note seguono le parole e viceversa. Si attacca con il flashback: il racconto della vita di una chansonier di night club in una Germania pre e poi nazista. Emerge un incontro, voluto dal Fato, quello con una ballerina-cantante ebrea: Miryam. E fu la luce…
“Io guardavo con i suoi occhi e lei sentiva col mio cuore”. Una passione artistica quella tra la puttana di regime (Helene) e Miryam (l’ebrea), ma non è tutto. E’un legame di cuori indissolubile, una svolta che cambia il destino di Miryam che lascia tutto per una nuova vita con Helene, un’artista a metà strada tra la Garland e Marlene… Sullo sfondo le atrocità naziste e la Shoah.
Varie le musiche da Cabaret ad “Under my skin”per poi proseguire, quando il clima si fa teso, con “note”europee e quindi autoctone (Brecht & C.).
Intrigante l’idea del “cambio” costumi a vista con una piccola tenda al centro del palco, illuminata in modo da ottenere l’effetto “ombre cinesi”. Seguivamo così, durante le pause musicali, le movenze di Cristina Siciliano, la “Brachetti” pugliese. Consentitemi il paragone, anche se un po’ ardito.
Suggestive le musiche e le atmosfere ri/create dalla penna di Giovanni Gentile, autore e regista della performance.
Richiami alla letteratura (Il bambino con il pigiama a righe etc.) e alla filmografia (La vita è bella) nel racconto della deportazione ad Auschwitz delle due ragazze, della vita d’artista di Helene, che continua a suonare per i gerarchi, ricevendo in cambio del cibo che lei conserva per condividerlo con le compagne di campo. Sullo sfondo “le docce”, la sparizione di Miryam, il suo cercarla ovunque. Diviene costei l’Araba fenice, l’Isola che non c’è, l’Atlantide misteriosa; viene evocata,nominata, fatta ri/vivere attraverso gli occhi dell’amata. Il suo è un amore totale, puro, cristallino, un amore che trascende gli eventi e diviene un vessillo, una rivendicazione, un simbolo della lotta a qualsiasi forma di omofobia e di discriminazione razziale.
E poi l’arrivo dei carri armati russi…
Giovanni Gentile ha voluto affrontare dei grandi temi: la Shoah e l’amore “diverso”. E’ riuscito a farlo in modo leggero, armonizzando musica e parole, ammaliando lo spettatore che nelle pause seguiva i movimenti tra luci e ombre della versatile protagonista, Cristina Siciliano, durante il cambio dei costumi.
Vivace e frizzante spettacolo pur nella sua tragicità: varius multiplex multiformis, per dirla alla maniera della Yourcenar !
E’ uno spettacolo-icona della “varieganza” della vita con le sue contraddizioni: amore, canzoni e… campi di sterminio! Si sorride amaramente e si piange sorridendo. Quanto Pirandello col suo “teatro nel teatro”, ma non solo…!
Performer: Cristina Siciliano - Helene
Musici: Vito Liturri (piano)-Rudy Steiger; Marco Boccia (contrabbasso) Heric Ess
Autore e regista: Giovanni Gentile- Johnny Begood
Giulia Notarangelo
Nessun commento:
Posta un commento